A cura di Paola Nola e Francesca Virelli
Il tipo di bosco presente nella Riserva Bosco Siro Negri viene denominato querco-ulmeto, sulla base delle specie arboree che lo caratterizzano: la farnia, di gran lunga più abbondante, e l’olmo. Sebbene attualmente rappresentato da esemplari di più modeste dimensioni, in passato l’olmo arricchiva la riserva con individui maestosi, che potevano raggiungere i 30-40 m di altezza e 2-3 m di diametro.
La riduzione della popolazione di olmo della Riserva è dovuta al fatto che la specie è particolarmente sensibile alla cosiddetta grafiosi dell’olmo, una malattia provocata da un fungo patogeno (Ophiostoma ulmi, Schwarz), che utilizza come vettori insetti lignicoli, generalmente coleotteri del genere Scolytus. Questi ultimi, scavando gallerie nel legno, favoriscono la diffusione del fungo, che sfrutta le risorse della pianta e ne indebolisce le difese immunitarie. La malattia, già nota all’inizio del secolo scorso, ha mostrato una prima ondata epidemica, negli anni ’70, ed è divenuta ancor più aggressiva negli anni successivi, in seguito all’introduzione di nuovi ceppi virulenti dal Nord America.
L’olmo ha risposto alla gravità della situazione sviluppando una particolare strategia di sopravvivenza (detta neotenia), che ha portato la popolazione ad investire nelle nuove generazioni, aumentando notevolmente la produzione di semi e frutti e anticipando il periodo riproduttivo negli individui più giovani. Tale comportamento si è diffuso nell’intera popolazione, coinvolgendo non solo le piante attaccate dal fungo, ma anche esemplari sani. Ne è derivato un notevole aumento della rinnovazione, incrementando così la probabilità che nella numerosa prole fosse presente qualche individuo resistente alla malattia.
Sebbene all’interno della Riserva molti esemplari di olmo siano morti a causa della grafiosi, la mortalità si è distribuita in modo sparso e relativamente omogeneo, senza creare ampie aperture nella copertura forestale. Per questo motivo l’elevata mortalità dell’olmo osservata negli anni ’80, non è stata seguita dall’invasione di specie esotiche come la robinia. Le piccole aperture generate dalla morte di singoli individui sparsi sono state gestite autonomamente dalla foresta, con rapida colonizzazione delle spazio lasciato libero da parte delle specie autoctone.